(Nell’episodio precedente, Lira e Aiello, a bordo del robottone Faro di Alessandria-Tob in rotta verso il Varco di Tarlo, sito dietro alla Luna, sono scesi un attimo nel Mare della Tranquillità per recuperare il telefono del giovane Lightbeam…)
Lira e Aiello stavano risalendo la scaletta che portava alla pancia del robottone.
Un oggetto sulla Luna pesa solo il diciassette percento di quanto lo giudicherebbe una bilancia terrestre, dunque la scalata del Faro-Tob doveva essere una passeggiata per Lira. Ma così non fu.
La giovane Prestabilita, che in quel momento pesava circa nove chili, sentiva come se alle gambe le si fossero aggrappate due persone. Inoltre la tuta aderente le costringeva le cosce e ogniqualvolta cercava di fare un altro gradino, sentiva come dei piccoli pizzicotti ai lati del seno e in tutte le altre giunture della tuta metallizzata dov’erano cucite le bande rosse.
Tuttavia Lira, anche se a fatica, continuava a risalire su per la gamba meccatronica di quello strano faro marittimo antropomorfo, anche se, piolo dopo piolo, il numero delle persone che sentiva avvinghiarsi alle gambe aumentava esponenzialmente.
Quando Lira mise il guanto sullo scalino all’altezza del ginocchio del Faro-Tob, lo sguardo le iniziò ad appannarsi. Dovette socchiudere gli occhi e riaprirli un paio di volte per mettere di nuovo a fuoco la porzione di stelle dov’era il suo compagno Aiello, che fino a un attimo prima la precedeva. Tuttavia quando finalmente Lira tornò a vedere, Aiello sulla scaletta non c’era più.
– Devo sbrigarmi… Ma perché un robottone da combattimento ha una scaletta come unica via di accesso… Non potevano metterci un raggio attraente come nei film? Aiello… Lui ce l’ha fatta subito, io ce la farò?
Probabilmente era stato più svelto di lei a risalire la scaletta ed era entrato nella cabina di pilotaggio, dove il Numero Cim, come per magia, colorando l’ambiente di un’accecante luce verde fosforescente, singolarizzava tutta la strumentazione utile a pilotare il Faro Tob.
Quello che Lira vedeva sopra di lei erano solo i due accigliati occhi del robottone, due oblò di vetro molto vicini l’uno all’altro. Una sorta di occhialoli rotondi decisamente buffi dato che erano stati applicati a una macchina di distruzione di massa a forma di faro marittimo da un’ancestrale popolazione terrestre.
Tuttavia quegli occhi da pesce lesso la fissavano e sembravano dirle Sbrigati, tocca a te ora salvare la Terra, ed erano ormai a centinaia le persone nei grappoli d’umanità che pendevano dalle gambe di Lira. C’erano sua madre, l’infermiera dell’ospedale, le compagne di classe che la bullizzavano per il neo sul naso, la scomparsa Zia Elvira e persino Alan Scuro. Tutti tranne Orione. Quando poi gli occhi del Faro-Tob si accesero, insieme alla stellina che il robottone aveva a cappello, le persone che Lira si sentiva addosso divennero milioni, milioni di vite che, inconsapevoli, le appesantivano il corpo abituato al gravare di una sola anima.
Aiello doveva aver già inserito la Spada di Occamo e messo in moto il gigante e lei doveva sbrigarsi perché non c’era tempo. Qualcuno, chissà dove e chissà quando, aveva prestabilito che sarebbe stata lei, Lira Scuro, a dover salvare il mondo dai Nemici dell’Umanità, dalle cimici, gli stessi insetti che in ottobre, all’inizio dell’anno scolastico, erano soliti infastidirla nello studio, svolazzando come elicotteri impazziti intorno al lampadario.
Solitamente verso quegli insetti non si hanno altro che pensieri di morte, eppure Lira, ricordò lei stessa soffermandosi, li aveva sempre avvolti in un fazzoletto e liberati fuori dalla finestra. Ricordò che si sentiva buona quando lo faceva. Aveva salvato una vita, seppur maleodorante, aveva fatto del bene senza poter pretendere nulla in cambio, era stata umana.
Dietro di lei c’era la Terra, rotonda, enorme, azzurra, nella quale otto miliardi di esseri umani avevano vissuto inconsapevolmente le proprie vite sentendosi umani solo qualche volta e per qualche strana ragione, ma ora le si erano stretti tutti alle gambe e la tiravano giù col peso delle loro esistenze da salvaguardare.
– E se sbaglio? Se non riuscirò a difendere il Varco, moriranno tutti? Perché io, perché dovevo essere proprio io la figlia di Alan Scuro.
Lira iniziò a respirare affannosamente il sapore insipido dell’atmosfera lunare. Il sapore del vuoto le ricordava l’odore del freddo nei congelatori misto a succo di mela. Tuttavia in bocca le imperava ancora il sapore della zuppa di Bobik, che sapeva di fragole e café moulu, e non ci volle molto perché la nausea si alleasse alla fatica dell’animo che l’affliggeva dal primo scalino.
Se si concentrava sul respiro, sentiva che in gola non le entrava nulla, perché non c’era nulla da respirare sulla Luna, e il sapere di essere in vita solo grazie a una zuppa era terrificante. Quanto durerà l’effetto? E se muoio io chi difenderà la Terra? Alan Scuro ha forse un figlio di riserva? Mi manca l’aria, dai, ci sono quasi, manca un gradino… Ho paura.
Nonostante Lira fosse quasi giunta sul pianerottolo del primo piano del robottone, il volto del Faro-Tob le sembrò allontanarsi, poi avvicinarsi, poi allontanarsi ancora e sempre di più come un sogno che si dimentica.
La Prestabilita guardò sotto di sé. Nell’ammasso d’umanità che le si era stretto addosso, speranzosa si era aggiunta la figura di un ragazzo obeso e palesemente dedito al mondo del collezionismo. Il ragazzo che Lira aveva usato per ottenere il robottino del Remo-Tob e che poi aveva abbandonato perché non le serviva più a nulla.
– Orione, se non sono riuscita a salvarti quella volta, come puoi pensare che io possa farlo adesso. Scendi, mettiti in salvo da me. Non hai imparato nulla?!
Aveva lasciato la presa, Lira Scuro, e ora lentamente, come una bolla di sapone nel freddo al sapor di mela che è lo spazio oscuro, precipitava fra le stelle spente dalle palpebre verso l’insofferente abbraccio della polvere. E con lei, l’intera umanità precipitava, in un mare di tranquillità.
(Continua…)
L’Episodio XL di Alan Scuro – Tarlo fuori – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 10-10-2023, alle ore 00:00.
Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi
(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)