(Nell’episodio precedente, Il terrificante re delle cimici Chichamante ha fatto la sua apparizione nel Cosmo di Nessuno. Sembra sapere molto di ciò che ha intravisto oltre la mucillaginosa parete interposta fra l’universo e il suo dopo… Ma mentre tutto crolla, sulla Terra, prima dell’alba, ovvero del micidiale volo della Cimicicciona caduta nella piazza quadrata di Servilnano, Alan Scuro costruisce il suo secondo robottino, mentre Orione…)
Le pingui dita grasse del saginato Orione stringevano una carta promozionale del nuovo Gioco di Carte Collezionabili della Chimichanga Dam. Per la precisione, la carta promo di Lira, regalatagli dall’Ermanno in gonnella giorni prima.
L’organizzazione sovranazionale, atta a difendere il pianeta dai Nemici Dell’Umanità, aveva rilasciato il gioco con lo stesso spirito col quale le case di produzione di giocattoli, nel secolo scorso, vendevano ai bambini quei sacchetti di plastica semi-rigida e trasparente ricolmi di soldatini: far abituare le nuove generazioni al concetto di guerra. Se non siete stati bambini in quell’epoca, vi sarà comunque capitato di intravederne, di quelle confezioni, andando oltre da quelle bancarelle di dolciumi al neon, ormai scomparse, spalancate in camioncini all’aperto durante le feste di paese, da commercianti via via negli anni dalle facce sempre più tristi.
E anche se in questo caso, anziché di indiani contro cowboy o di russi contro americani, si parlava di robottoni Tob contro esseri alieni, mai raffigurati con le sembianze di cimici per ovvi motivi, il diciassettenne Orione sentiva di star perorando una giusta causa comperando di quelle carte. O almeno questo era quello che il ciccione si ripeteva, dopo aver speso tutti i soldi che aveva da parte in cellulosa.
Ma più del valore patriottico planetario, fu un video su internet a convincere Orione a incamminarsi in una simile e costosissima collezione. Nel video, propostogli da un algoritmo spione ma che Orione aveva volutamente interpretato come un messaggio dall’universo, un ragazzo, ben più in forma di lui, tradito dai mille segnali ricevuti, tentava di baciare la sua, non saprei come chiamarla, amica. Ma questa, che fino a poco fa sembrava alimentarne le speranze con uno sguardo che era un sì a tutto spiano, all’ultimo schivava le non richieste labbra del principe, e inesorabile gli faceva pat pat sulla schiena con la mano, sorridendo beata di sé. L’amata aveva venduto alla speranza di lui l’amore di un bacio ma poi le aveva spedito un’amicizia, al sicuro in un abbraccio di cartone. Perché lo aveva fatto? Vi chiederete. Forse perché all’ultimo la principessa aveva cambiato idea, come quando rimettiamo malamente al loro posto dei cereali Chimichanga Dam arraffati frettolosamente all’inizio della spesa, o forse perché voleva scoprire se, forte della sua bellezza e per valutarne l’entità, potesse semplicemente farlo, come un supereroe che, nell’atto di testare i suoi superpoteri di cui sapeva solo a parole, si ritrovava a far del male a qualche civile. Involontariamente, volontariamente, a parte lei, chissà.
Subito dopo un taglio netto, sempre nello stesso video, un altro ragazzo, probabilmente caduto in precedenza nella stessa trappola di paroline e sorrisetti, invitava ironicamente la telecamera ad avvicinarsi, e a inquadrare la sua vastissima collezione di carte collezionabili.
Il messaggio dall’universo per Orione veicolato da quel breve video era chiaro, nonché figlio dell’accettabile follia consumistica del proprio tempo, campionessa nel sostituire i sentimenti con le cose: – Se Lira non mi vuole, allora collezionerò tutte le carte che la raffigurano.
Almeno, con le cose, se vieni truffato, puoi sempre lasciare al venditore un feedback negativo che ne limiterà a vita la credibilità. Coi sentimenti non è possibile, per ora.
E se anche la carta promozionale che ora le grasse dita di Orione stringevano come il prete un’ostia raffigurava proprio Lira, sorridente e con tutte le curve ben immaginabili strette nella divisa metallizzata a bande rosse della Dam, considerando il pantheon di personaggi e robottoni da far disegnare agli artisti di cui la Chimichanga Dam disponeva per il suo gioco, di carte che raffiguravano la figlia di Alan Scuro ne esistevano ben otto. I direttori artistici del gioco sapevano che fra i collezionisti avrebbero spinto di più le vendite gli artwork delle Prestabilite in divisa, piuttosto che quelli raffiguranti i sette valorosi robottoni. Gli acquirenti di questi giochi erano difatti perlopiù ragazzi solitari non per scelta e con qualche soldo da spendere risparmiato grazie a cene romantiche solo sognate.
Quella carta gliel’aveva regalata Ermanno alla Fumetteria Pascal, ed era stata per Orione come quando qualcuno, nell’età della scoperta, ti offre la prima sigaretta. Sta a te poi decidere di comprarne un pacchetto, perché a meno che non ci si trovi sull’orlo di un dirupo, nella vita la colpa delle nostre scelte sbagliate non è quasi mai di chi ti dà la prima spinta al male. E Orione, stretto nella sua cameretta, davanti a sé, di pacchetti, di carte, non di sigarette, in quella notte ne aveva ben ventiquattro, e volava con la fantasia immaginando quali, delle sette carte restanti del suo amore, avrebbe spacchettato di lì a poco.
I pacchetti erano sigillati in un box della Terza espansione, color verde acqua, era riportata l’accattivante scritta “Alan Scuro Gioco di Carte Collezionabili – Terza espansione – Luci dal Faro-Tob”, e poco sotto il simbolo dell’alieno ciclopico della Chimichanga Dam. Il poveretto questa volta era in procinto di venir tagliuzzato da quattro carte del gioco stesso, che si scoprivano avere il retro nero in una cornice verde fosforescente. Il box verde rame della Seconda espansione, ve lo dico per completezza, titolava, oltre al nome del gioco, la dicitura “Sacrificio del Rodi-Tob”, ma era già introvabile da tempo, e ormai al pari, per valore, di quelli di Prima posseduti da Sergio il fumettaro e da qualche rapper americano.
Anche se Orione sapeva che aprendo le ventiquattro bustine difficilmente avrebbe riottenuto, valutando poi le singole carte, i soldi spesi dal fumettaro per acquistare il box, in quella notte si era comunque convinto a farlo, proprio quando l’alba era ormai vicina. Era quella una notte di concitazione fra gli abitanti di tutti i paesi della zona intorno a Servilnano. Una notte dove, i governi del mondo intero, in segreta sottomissione alla Chimichanga Dam, stavano decidendo come abbattere la cimice gigante atterrata in quell’ameno paese dal centro storico quadrato. Su internet, in TV e nei vari gruppi, tutti parlavano di atomica. Tutti tranne il padre di Orione, che a queste idiozie sui robottoni e sui mostri spaziali non credeva, e non voleva credere.
– Ma quale cimice spaziale, quale atomica. Prima quel robottone finto a Roma e adesso questo. Non è che perché è grossa allora è un alieno, anche tu sei grasso, Orione, eppure mi sembri uscito da tua madre, povera donna, non venuto da Star Treckkete. Ah, se me la portassero qui quella cimice ci penserei io a farla fuori, mi basterebbe una ciabatta. Ah, sì! Ma sono stanco, ho un lavoro io, non passo le giornate come te a guardare i cartoni animati. Torno a dormire, spegni la luce.
Ma quella nella piazza al centro esatto di Servilnano non era una normale cimice, bensì una Cimicicciona. Un essere di un altro verdissimo mondo al confine ultimo dell’universo. Un essere che all’alba, scambiando il nostro sole per un lampadario, avrebbe librato le sue fragorose ali nel cielo terrestre, e verde e impazzita avrebbe spaccato i timpani a tutti con battiti di tuono, e fatto lacrimare loro gli occhi di sangue e dolore. Peggio, se fosse stata abbattuta, avrebbe, con la sua puzza micidiale emanato sentenze di morte per cento chilometri. Altro che Oppenheimer.
Orione quest’ultima caratteristica delle Cimiciccione non poteva conoscerla, ma già solo l’atomica del sopracitato, suggerita dalle miriadi di post che quella notte invasero la rete, se fosse stata sganciata, avrebbe di certo coinvolto la sua casa. Questa era difatti così vicina a Servilnano che se il padre di Orione non avesse avuto tutto quel sonno, in due minuti avrebbe potuto raggiungere l’insettone e schiacciarlo in un sol colpo con la sua poderosa ciabatta, come al sicuro minacciava.
E come chi inizia a vivere quando finalmente sente di stare per morire, Orione mise la carta di Lira appoggiata al portapenne, in modo che vegliasse su di lui. Poi prese il taglierino, tolse il sigillo dal box, lo aprì delicatamente e prese in mano la sua prima, preziosissima bustina. Chiuse gli occhi e pensò: – Non mi importa che la tua sia o meno una carta rara. Spero di ritrovarti almeno qui, Lira.
(Continua…)
L’Episodio LI di Alan Scuro – La fine del mondo – verrà pubblicato a venerdì 1 marzo, non appena avrò terminato la revisione di tutti i racconti precedenti.
Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi
(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)