(Mappa scritta: Ai confini dell’universo, intorno a una verdissima stella, roteava Chimichurri, il pianeta delle cimici. Oltre la sua atmosfera paludosa, sette robottoni Tob, dalle fattezze ispirate alle Sette Meraviglie del mondo antico, erano costretti dalla loro linea di discendenza paterna a difendere i rispettivi settori del cosiddetto Cosmo di Nessuno, proprio dalle cimici. I maleodoranti insetti erano infatti attirati verso di loro dalla luce azzurra emanata dal Varco di Tarlo, un tunnel spaziotemporale di quindici miliardi di anni luce che, da poco dietro i Sette Settori, portava dritto dritto al lato oscuro della nostra romantica luna terrestre. I sette Prestabiliti, gli eroici piloti obbligati a vivere nei robottoni fin quando il loro primogenito non compisse diciassette anni, erano supervisionati dai Secret, un corpo scelto di agenti segreti mascelloni, in occhiali da sole e, tranne che il Generalissimo Mind Secret, tutti con un nome di sole tre lettere; come One Secret, il secondo al comando. Essi, tutti uomini, vivevano come marinai sull’astronave Matron, base logistico-militare stanziata tra i robottoni e l’azzurro tunnel. Robottoni e Matron difendevano dunque il Varco di Tarlo da tutte le cimici più grandi, cimiciccione, e da buona parte delle più piccole, cimiciccine, rispondendo solo alla magnifica organizzazione sovranazionale Chimichanga Dam, nostra santa salvatrice dalla puzza divoratrice, con sede legale al Polo Nord terrestre, in via Base Artica 1. Fine. Che fatica, facevo prima a disegnarla.)
Cosmo di Nessuno, 2005
– Alan Scuro, rispondici… Alan! – chiesero dall’astronave madre Matron all’interfono.
L’atmosfera del pianeta delle cimici Chimichurri rifletteva ovunque il verde della sua stella.
Mentre il maleodorante esopianeta orbitava indisturbato, il robottone legionario Remo-Tob di Alan Scuro era invece immobile nell’universo, spento. Senza le fiamme che da acceso lo avvolgevano, il robottone del prestabilito italiano era appena percettibile agli occhi, perché sulla sua disattivata armatura d’acciaio nero, quell’aurora aliena, che tutti gli altri prestabiliti avvolgeva, faticava a imprimersi lungamente. Così, dopo un po’ che non rispondeva all’interfono, i suoi compagni, già da tempo impegnati in battaglia contro un numero sempre maggiore di cimici, avevano iniziato a preoccuparsi. L’oscurità di un amico fa più paura se unita al suo silenzio.
– Alan, cosa ti è successo? Amico mio… – chiese preoccupato Didamante tramite l’interfono, trafiggendo nel mentre una coriacea gigantesca cimicicciona con l’appuntatissima Lancia Pulsar del suo robottone dorato Rodi-Tob.
Ma, ancora una volta, nessuna risposta pervenne al riccioluto Prestabilito greco.
Se un robottone non rispondeva non era detto che il prestabilito al suo interno fosse morto. Tuttavia l’atmosfera cupa e le miriadi di cimici avevano teso un’aria opprimente nelle cabine fosforescenti dei combattenti attivi, un’aria artificiale e dall’odore di coriandolo che tutto traduceva in pericolo.
Col passare delle ore, la preoccupazione degli Agenti Secret nella Matron si sommò a quella di Didamante del Rodi-Tob. Il silenzio radio di Alan Scuro divenne ansia, mutò in paura e infine si trasformò in terrore. Il motivo? Anche se Alan Scuro era appena venuto a sapere dell’arrivo di un figlio, se fosse stato ucciso, la Terra avrebbe dovuto attendere diciassette anni prima che il suo erede potesse tornare a sorvegliare il Settore 1, quello, insieme al Secondo, assediato dalle cimici più grosse, grasse e pericolose. Nonché puzzolenti.
Nell’elmo del robottone legionario dell’eroe italiano, i vitrei occhi rossi erano spenti, come spente erano le vivide fiamme a cresta solitamente accese sul suo cimiero oscuro. Col capo abbassato sulla lorica nera, il Remo-Tob dava da troppo tempo agli altri prestabiliti, battaglianti nei rispettivi sei settori, l’unica idea di morte che un robottone potesse dare. Didamante, al Settore 2, era da sempre il compagno a lui più vicino, nell’acciaio e nello spirito: – Alan, cosa ti è successo?
– Non ti ha detto niente, Didamante? – gli chiese dall’interfono il pilota del Faro-Tob, Immanuel Lightbeam. – Non è che si è messo un’altra volta a montare uno dei suoi stupidi robottini da collezione, proprio mentre è in servizio nel suo vero robottone da guerra?
– No, purtroppo. L’ultimo che aveva da montare lo ha finito ieri. Dovevi vedere com’era felice, diceva: “Questo robottino Gumdam Unicorn lo regalerò a mio figlio non appena nascerà. Non mi importa se è vietato ai minori di dodici anni. Se dovesse ingoiarne un pezzo? Dici. Vorrà dire che avrò modo di insegnargli che quello che non strozza, ingrassa. Plastica compresa”.
Il Generalissimo Mind Secret, dalla Matron, prese la parola. Non poteva ammettere che i suoi prestabiliti parlassero di collezionismo durante il crescente scontro in atto: – Alan Scuro è proprio il lupacchiotto idiota del branco. Forse per noi della Matron non sarebbe una grossa perdita.
– Lo sappiamo, – gli rispose Didamante, con la voce rotta dalla stanchezza di un ennesimo sfiancante colpo di lancia, – ma lui è il nostro idiota preferito, nonché l’unico con un robottone capace di affettare in quattro, con un solo colpo, una cimicicciona alta trenta piani. Voi della Chimichanga Dam potete fare a meno di tutti noi, ma non dell’idiota che pilota il Remo-Tob. Il suo Gladio Oscuro è l’unico motivo, insieme ovviamente alla mia lancia, per cui sulla Terra non vanno in giro cimici alte come palazzi, in perfetto stile Godzilla.
Gli altri prestabiliti, tutti connessi all’interfono, erano talmente presi dalla battaglia da non curarsi minimamente della discussione in corso. Anche Immanuel Lightbeam, essendo stato di colpo circondato dagli insetti, attivò il silenzio radio.
– Quindi, se le vostre armi sono egualmente utili, tu e Alan Scuro siete forti uguali. Giusto? – chiese Mind a Didamante, colpendolo nell’orgoglio.
– Non esageriamo, la mia Lancia Pulsar è certamente migliore della sua spadina di…
– Aspetta, ragazzo, – lo interruppe repentinamente Mind Secret, – non noti un puntino rosso allargarsi? Là, nel cielo mefitico di Chimichurri.
Didamante all’inizio non rispose al suo Generalissimo, perché pensava che stesse cercando di cambiare discorso. Questa volta era stato lui a colpire nell’orgoglio Mind, perché per un esercito un buon soldato è sempre preferibile a un soldato indispensabile. E questo la Chimichanga Dam lo sapeva bene, avendo ogni giorno a che fare coi capricci di Alan. Ma poi Didamante, perforando tre cimiciccione con le sue ultime forze, la vide.
Nell’atmosfera verdeggiante di Chimichurri, aveva iniziato a intravedersi una macchiolina rossastra. La macchia in questione sembrava ingrandirsi velocemente, e, dunque, avvicinarsi. Proseguiva piano, come un pensiero nuovo e rivoluzionario, e non ci volle molto perché lui e gli altri cinque prestabiliti rimasti a combattere riuscissero a riconoscere, in quella figura sempre più ben definita dalla sempre maggiore vicinanza, la terrificante figura filiforme di una EdiTnam, nome scientifico di una Mantide Opposta.
– Ho capito, – disse allarmato Mind Secret dalla Matron, – Alan Scuro deve aver subito il lavaggio del cervello da parte di quell’essere ributtante. Ti fa cambiare idea su tutto, capite? Se prima Alan Scuro voleva combattere per la causa della Santa Chimichanga Dam, ora non vuole più. Per questo ha spento il suo robottone. Non fissatela negli occhi!
– Ma cosa ci fa qui una EdiTnam? – chiese Didamante non avendone mai vista una, se non sui libri. – Non vivono relegate nelle grotte montuose del loro schifoso pianeta?
Dall’interfono, Mind Secret non si lasciò scappare l’occasione per una delle sue metafore sui lupi, tuttavia senza curarsi del fatto che parlare così di una mantide, pur sempre un insetto, anche se gigante, potesse generare confusione: – Non esiste un lupo solitario per scelta. Il suo branco deve averla esiliata.
– Cosa possiamo fare per abbatterla?! – chiese Didamante sciogliendo un nugolo di piccole cimiciccine con una delle sue dirompenti Onde X sparate dal petto. – Dobbiamo assolutamente salvare Alan Scuro, ha appena saputo che diventerà padre. Quel farabutto, ci è riuscito.
– Semplice, – disse Immanuel Lightbeam dal Faro-Tob, – non possiamo fare nulla contro la grandiosa Mantide Opposta, la più bella e aggraziata forma di vita mai creata dall’universo. Anzi, vi dirò, mi è appena venuta una strana voglia di aiutarla a distruggere la Matron.
– Hai ragione, – disse Bobik con voce animalesca dal trasmettitore del Babi-Tob, – la Mantide Opposta è un insettone buono, al contrario di noi esseri umani. Dobbiamo distruggere la Matron e permettere alla Mantide Opposta di raggiungere la Terra, insieme alle cimici di cui si nutre. Noi esseri umani… dobbiamo estinguerci!
– Distruggeremo la Matron, poi il resto della Chimichanga Dam e, infine, la Terra, – dissero allora in coro i sei prestabiliti, fino a poco prima schierati, al di là del Varco di Tarlo, proprio in difesa del nostro pianeta azzurro, – la Mantide Opposta è la nostra unica sovrana. Esseri umani, preparatevi a perdere la testa come il suo ultimo ex marito!
– Ma vi avevo intimato di non fissarla! – ululò Mind Secret all’interfono. – Idioti!
Peggio del tuo predatore, c’è solo il predatore del tuo predatore. La Mantide Opposta era pressoché alta come un robottone della Chimichanga Dam e, come le cimici, riusciva a muoversi liberamente nello spazio aperto. Aveva un corpo che sembrava fatto di cannucce rosse, allungato e spaventoso. Munita di sei lunghe zampe a stecco, in quelle anteriori aveva lame biologiche in grado di affettare l’acciaio come se fosse un budino. Eppure non era quella l’arma più micidiale che l’evoluzione avesse fornito al predatore naturale delle cimici.
Sulla testa dinoccolata a forma di lettera T, la Mantide Opposta vantava difatti due tondi bulbi oculari gialli, nei quali, senza posa, roteavano due perverse spirali a ritmo ipnotizzante. Era quello il loro principale strumento di caccia, perché, alle sporadiche cimiciccione alte come palazzi, le EdiTnam preferivano i numerosi sciami di cimiciccine che popolavano i cieli e la terra di Chimichurri, assai più numerose, saporite e digeribili.
Nel verde pianeta nemico, le mantidi opposte, attraverso i raggi mentali rilasciati dalle loro spirali, rivoluzionavano il pensiero delle cimici, solitamente volto a ricercare la luce più accecante, per andarci a sbattere. Cambiando idea, i maleodoranti sciami dei verdi nemici dell’umanità venivano così attratti dall’oscurità, stretta nelle tane montuose delle mantidi, e là trasformate in infiniti snack al gusto coriandolo. Non desideravano più volare libere verso il lontanissimo Varco di Tarlo, che nel loro mefitico cielo risplendeva d’azzurro come un grande lampadario, più luminoso anche dell’unica stella tiepida che quella terra infestata tutta inverdiva. Avevano cambiato idea, ed erano morte.
Il più delle volte, le mantidi opposte potevano definirsi alleate dei sette robottoni Tob, perché toglievano loro, dilaniandole o attraendole nelle loro bavose fauci, grossi quantitativi di nemici dell’umanità. Tuttavia anche solo un esemplare come quello poteva risultare fatale per la Chimichanga Dam. Con i suoi ammalianti ocelli gialli, l’essere aveva difatti rigirato come una frittata il pensiero di tutti i prestabiliti, trasformandoli da buoni a cattivi, da eroi, a crudeli antagonisti, e questo in in un solo battito di lunghissime e fascinose, ma non per ultimo micidiali, ciglione aliene.
Il nemico del tuo nemico non è detto che sia tuo amico. Oltre che delle cimici, dovrà ora la Terra preoccuparsi anche dei robottoni che fino a poco prima la proteggevano? Lo scopriremo nella prossima puntata…
T… Anzi, scopriamolo subito, ho cambiato idea.
Nell’astronave madre Matron, intanto…
– Ho ordinato di non guardarla, lupacchiotti! – esclamò Mind Secret ai suoi sottoposti secret appena arruolati. – Chiunque incomba nei suoi ocelli cambierà idea su qualunque cosa! Non avete notato che Bobik del Babi-Tob ha appena parlato? Lui non parla mai con nessuno, a meno che non si tratti di uno del suo branco di scimpanzé, ovviamente.
– Lo avevo notato, – gli rispose il suo primo sottoposto One Secret, estraniato, e con le iridi divenute a spirale sotto agli occhiali da sole, – lo avevo proprio notato, e volevo fartelo presente in un rapporto dettagliatissimo. Ma ho cambiato idea… e non ho più voglia di compilarlo.
Con anche One, i Prestabiliti, i secret semplici della Matron, tutti erano caduti nella trappola mentale della Mantide Opposta. Tutti, tranne il capobranco Mind Secret.
Grazie alla sua esperienza, maturata perlopiù attraverso lo studio accurato del libro Cimici, ma non solo, il Generalissimo, da poco a capo dell’astronave madre della Dam, aveva subito distolto lo sguardo da quello del mostro insettoide. Tuttavia nemmeno lui se la passava alla grande. Quando hai tutti contro, puoi resistere quanto vuoi. Prima o poi l’avranno vinta. O morirai.
One Secret, il suo primo sottoposto, gli era piombato al collo e ora gli sedeva a cavalcioni sulle mostrine della lunga divisa militare verde acido. Ammaliato dalla Mantide Opposta, con persino i suoi occhiali da sole ora divenuti spiraleggianti, l’ammutinato One fissava, dritto negli occhiali da sole ancora puri, il suo Generalissimo, mentre, stringendo i denti, impietosamente e con fervore lo strangolava. Da sempre devoto alla causa della Chimichanga Dam, in quel momento, il sottoposto voltagabbana One Secret aveva stampata sul mascellone ghignante la perfida intenzione di smantellarla. A partire dal vertice di comando a lui più vicino. E se avesse stretto solo un altro poco i suoi guanti bianchi su quel collo taurino, ci sarebbe presto certamente riuscito.
Intanto, Bobik, Didamante, Immanuel e gli altri prestabiliti, caduti con i loro robottoni sotto l’influsso rivoluzionario dell’enorme insetto cremisi, stavano anch’essi per compiere l’irreparabile: rivolgere le proprie armi proprio contro l’astronave Matron che avevano giurato di difendere. Se Mind fosse riuscito a divincolarsi, né lui, né il suo aspirante assassino, né tantomeno i secret cadetti avrebbero avuto salva la vita. Nel caos generato dalle miriadi di sempreverdi cimici, ora libere di scorrazzare beatamente nei sette settori del Cosmo di Nessuno, la Mantide Opposta, già temibile di suo, era ora per giunta scortata da ben sei Tob, tragicamente passati al nemico.
Nell’alternanza rossa e metallica data dalle luci d’emergenza della Matron, Mind Secret si sentiva come un lupo artico caduto nell’acqua gelida. Ogni volta che cercava di risalire sulla calotta delle possibilità di vittoria, la poderosa stretta di One, un colpo di robottone alla carena della nave, o la bava dell’insetto spaziale che lentamente colava sui vetri della cabina di pilotaggio fosforescente, lo rituffavano ad annegare nella fredda certezza della sconfitta.
Rimasto senza più aria nei polmoni, Mind Secret, in uno spasmo incosciente di dolore, si lasciò infine anch’egli andare allo sguardo ammaliante della Mantide Opposta, come il pilota di un aereo in avaria che, certo dello schianto, decidesse di goderne a pieno. E mentre fissava le due spirali roteare nel giallo di quegli spaventosi ocelli, come lo spacciato pilota la montagna, un senso di pesantezza per ogni sua idea lo pervase, gravando sulla sue certezze come One gravava sulle sue costole. Fino a spezzarle.
Mentre Mind chiudeva sorridendo gli occhi, ora felice della vittoria pressoché certa del nemico, come una gigantesca ghigliottina, la lama biologica destra dell’insetto, calò sull’astronave Matron e un lungo squarcio si aprì lungo il verde pisello della sua carena tondeggiante. Seguirono urla, esplosioni e, per molti agenti, il silenzio algido dello spazio aperto.
I secret che non vennero eiettati nel silenzio cosmico dagli squarci nella Matron, non più pressurizzata, vennero sterminati dalle armi dei robottoni. Alcuni vennero avvelenati dai Cannoni al DDT di Bobik, altri incendiati dal Fuoco Stellare del dragone d’acciaio Muraglia-Tob. Una freccia dell’Arte-Tob fece esplodere i Motori Cim dell’immenso veicolo e un Fulmine Galattico dello Zeus-Tob ne azzerò ogni sistema difensivo rimasto. Quando infine Didamante perforò gli alloggi dell’astronave con la sua Lancia Pulsar e Immanuel Lightbeam, col suo Faro-Tob, vi proiettò all’interno una luce tale da accecarvi chiunque fosse fino ad allora sopravvissuto, la Matron era ormai il relitto di se stessa, e la guerra tra cimici e terrestri poteva dirsi conclusa. Per l’umanità era finita.
T
Anzi, ho cambiato idea.
Quando tutto era ormai perduto, una fiamma di speranza si accese poco lontano, nel mare della disperazione. Proveniva dal cimiero del Remo-Tob e si era accesa all’unisono con gli occhi rossi, vitrei e minacciosi dell’oscuro robottone legionario di Alan Scuro.
– Cosa diavolo sta succedendo? Dove siete finiti tutti? – chiese Alan Scuro all’interfono, di ritorno alla propria cabina di pilotaggio fosforescente dal comodissimo bagno, anch’esso dai sanitari fosforescenti, del suo robottone.
La voce di Alan Scuro all’interfono, fra tutte quelle esplosioni e bagliori, risvegliò l’ormai esanime Mind Secret. Ma, come detto, anche lui aveva cambiato idea: – Alan Scuro, guarda anche tu negli occhi la Mantide Opposta. Guardala, è un ordine! Sono più dolci di quelli di un tenero gattino.
Alla parola “gattino” Alan Scuro roteò il busto verso la Matron, all’unisono con l’oscura lorica d’acciaio nero del Remo-Tob che pilotava.
– Mind, ma tu non odiavi i gatti? – chiese in preda allo stupore Alan scuro al Generalissimo.
– I gatti sono meglio dei cani, figurati dei lupi! – gli rispose Mind, prima di svenire nuovamente.
Fu allora che dal Settore 1, Alan scuro vide i suoi compagni prestabiliti svuotare le proprie riserve di munizioni contro quel che restava della Matron, mentre un’enorme mantide assetata di convinzioni e sangue divorava ogni secret che le venisse a tiro di fauci.
– Didamante, mi ricevi? Cos’è quell’insettone rosso? Non bastavano le cimici?
– Guardala, Alan Scuro, amico mio. Guarda la Mantide Opposta nelle palle dei suoi rivoluzionari splendidi occhi e aiutaci a distruggere la Chimichanga Dam.
– Ah, se è solo per questo, mi inviti a nozze, Dida. Pensa che volevo chiedervelo io!
Non appena quelle parole, la mantide, percependo di non aver soggiogato ancora tutti, si voltò verso il Remo-Tob e fece gli occhi dolci ad Alan Scuro, il quale, in un lampo, cambiò subito idea. Su ogni cosa.
Le fiamme del cimiero del Remo-Tob aumentarono allora di potenza e brillarono come rubini i suoi vitrei occhi rossi nella notte stellare. Il robottone legionario stava passando all’attacco.
Imbracciato lo Scudo Rettangolare, il robottone di Alan Scuro si scagliò verso l’immane tafferuglio di esplosioni, raggiungendo la Matron alla massima velocità consentita.
Nel breve tratto di spazio che il Remo-Tob percorse, letteralmente a palla di fuoco, Alan Scuro tagliò in due, come nulla fosse, due gigantesche cimicciccione, lasciandosi dietro i loro maleodoranti cadaveri. Quando arrivò alla Matron, quelle quattro sezioni d’insetto erano talmente poco visibili da sembrare quattro lontani pistacchi, alla deriva nel cosmo.
All’arrivo del Remo-Tob tutti i robottoni cessarono il fuoco. I prestabiliti al loro interno erano affascinati dalla potenza che Alan Scuro stava sprigionando. Quando era di cattivo umore, la frustrazione e l’odio di Alan Scuro rendevano il suo il robottone il più temibile di tutti.
Dietro di lui, alcune stelle in lontananza formavano una costellazione. Unendole, un attento osservatore avrebbe dato loro l’identità di un antico guerriero romano. Davanti all’astronave Matron, il robottone legionario Remo-Tob alzò allora il suo Gladio Oscuro, pronto a sferrare il suo più temibile attacco: – Crocefissione Nell’Oscurità Infuocata di Alan Scuro!
All’interfono tutti i prestabiliti corrotti udirono quelle parole. Erano le parole che presagivano il colpo a croce più micidiale di Alan Scuro. Le avevano sentite un sacco di volte e ogni volta si erano voltati verso il Settore 1, dove sul coriaceo carapace verdastro di una cimicicciona qualsiasi, finita lì per caso, vedevano comparire una croce rossa e calda come lava, a presagirne l’imminente esplosione nell’oscurità.
Alan Scuro guardando l’insetto sobillatore aveva prima cambiato idea e poi sprigionato in quel colpo crociato il limite ultimo del suo ardente odio. Tuttavia, stranamente, la croce rossa e calda come lava non era comparsa sulla carena già in pezzi della Matron, bensì proprio sul corpo della Mantide opposta.
Un istante dopo ci fu un’esplosione, e il corpo dell’insettone si sparse nello spazio come i bastoncini dello shangai sul tavolo della notte. Sulla sua testa a T alla deriva, le spirali mentali degli ocelli gialli avevano smesso di girare, scomparendo in un’evanescenza biologica d’altri mondi.
Tornati delle loro idee, i prestabiliti, coi rispettivi robottoni, si avvicinarono lentamente a quello di Alan Scuro per complimentarsi col salvatore della Chimichanga Dam, mentre One Secret, spaventato, si rendeva conto di cosa aveva fatto al suo Generalissimo. Non appena constatò che Mind non aveva più polso, si lanciò nuovamente su di lui, ma questa volta in un disperato massaggio cardiaco, che, fortunatamente, dopo un prolungato “mascella a mascella”, andò a buon fine.
Di colpo, tutti si erano risvegliati dal sonno voltagabbana in cui erano stati indotti, mentre le fiamme sul cimiero e intorno all’intera tetra lorica di Alan Scuro non smisero mai di bruciare.
Base Artica della Chimichanga Dam. Sala del Giudizio Finale. Due giorni dopo…
– Perché, se hai cambiato idea, Alan Scuro, non hai attaccato anche tu la Matron? Abbiamo dei forti sospetti sui tuoi comportamenti da quando hai finalmente saputo di aspettare anche tu un erede. Non è che, quando all’inizio non rispondevi al qui presente Mind Secret, vivo per miracolo, avevi in realtà intenzione di attaccarci? Non può essere altrimenti, dato che, cambiando idea, poi ci hai salvati.
– …
Dopo aver fissato la Mantide Opposta hai dunque cambiato idea e, anziché contro di noi, te la sei presa con lei. Ammettilo, Alan Scuro! Noi della Chimichanga Dam non accettiamo atti di insubordinazione, anche se dobbiamo ammettere che questa volta il tuo ci ha fatto comodo. Chiuderemo un occhio, ma non provare più a metterci i bastoni tra le ruote. Tuo figlio sarà il nostro prossimo pilota del Remo-Tob, che ti piaccia o no è sempre andata così. Non puoi impedirgli di compiere il suo destino già prestabilito. Qualcosa da dire, Alan Scuro?
– Andate a fare in culo – mentre diceva questo, Alan Scuro strinse il pugno talmente forte da disintegrare il robottino Gundam Unicorn che vi teneva.
I pezzetti di plastica caddero a terra come lacrime.
Cambiare idea non è una brutta idea, a meno che l’idea iniziale non sia quella giusta. Prima dell’arrivo della EdiTnam, Alan Scuro aveva pensato per ore, nel bagno fosforescente del suo Remo-Tob, a come distruggere la Chimichanga Dam. Prima che la Mantide Opposta, condannandosi alla crocefissione, gli facesse cambiare idea, Alan Scuro non voleva che suo figlio, da ottobre in grembo alla moglie, facesse la sua stessa fine, sepolto ai confini del cosmo a combattere le cimici per le alte sfere della Chimichanga Dam, e stretto in un robottone che sembrava appena uscito da un cartone animato giapponese degli anni Settanta.
Suo figlio doveva poter scegliere di fare qualunque cosa, anche il disk jokey se voleva. Prima di cambiare idea e ancora una volta dopo la sconfitta della EdiTnam, quindi dopo averla cambiata di nuovo, Alan Scuro desiderava solo che il destino del suo erede non venisse in alcun modo prestabilito da nessuno. Alan Scuro, per lui, desiderava solo la libertà che, a lui, suo padre aveva negato.
Fine.
Ps: Questo doveva essere l’ultimo episodio di Alan Scuro. Ma per colpa di T ho cambiato idea!
Contenuti speciali – Lo scrittore scivola giù dallo specchio
Per cinquanta settimane, lo scorso anno, ho scritto e pubblicato un racconto di Alan Scuro. Non importava se nel mio cuore vi fosse sole, pioggia, vento o tempesta di neve; il venerdì, a mezzanotte, io portavo avanti questa strana trama sui robottoni e sulle cimici. Mi sentivo uno scrittore, sempre lì col mio computer datato a scrivere una storia inimmaginabile. Ero stanco, ma felice.
Tuttavia, come molte persone felici, ero anche stupido.
Infatti un racconto che si rispetti, oltre che di fluidità e coerenza, non necessita solo di costanza. L’arte deve permearne ogni parola e ogni parola, in un racconto, come in una poesia o in un romanzo, deve avere la sua dignità, una dignità che, lo scorso anno, troppe volte non ho rispettato; per giunta a causa degli stringenti tempi di consegna che, come uno scemo, davo a me stesso.
Anche se ora devo passare le mie giornate a correggere i vecchi racconti di Alan Scuro, o forse dovrei dire a riscriverli, non mi pento totalmente del lavoro che ho fatto. Diventare uno scrittore è il mio unico sogno e posso affermare che le soddisfazioni regalate dalla costanza, un po’ come in palestra, questa sconosciuta, mi hanno finora aiutato a sostenere l’incredibile peso con cui la penna grava sull’anima.
Tuttavia non sono soddisfatto e, come detto, passo ore a cancellare e a riscrivere cose già scritte, con l’ansia di dover ritornare a pubblicare in maniera cadenzata per i miei fantastici quattro lettori. Questo lentamente mi sta portando via la mia capacità creativa, nonostante tutto il pane che spezzo e il vino che verso alla folle causa dell’immaginazione.
Per quest’anno ho dunque deciso di non pubblicare con un calendario prefissato i nuovi racconti, ma, al contempo, ho anche preso la decisione di dedicare, alla correzione del vecchio e alla stesura del nuovo, gran parte delle mie energie, le quali, non vi mentirò, sono temporaneamente limitate.
Non so con che cadenza Alan Scuro tornerà a trovarci, ma sappiate che quando lo farà il suo robottone scintillerà oscuro come i suoi capelli tinti nella notte siderale, e le sue palle torneranno a girare, gigantesche e magnifiche come mai prima d’ora.
Con affetto, Francesco Maurizi