Alan Scuro, che nello spazio di Nemici Dell’Umanità come quello ne aveva uccisi un’infinità, anche se il suo Remo-Tob era adibito a squarciare il guscio degli insetti più grossi, se ne fece a schiacciarla. Quella piccola cimice doveva soffrire.
– Maledetta. fanculo, tu e la Chimichanga Dam! Vi siete presi trentatré anni della mia vita… E ora volete prendermi Lira… Ah! Che male alle palle…
Il dolore era divenuto insopportabile anche per quel cane di Alan Scuro. Stando ore a carponi, una mano invisibile gli aveva stretto sempre più la morsa sui testicoli, ma ritrovandosi ora con la testa sul pavimento e il posteriore rivolto al lampadario, i pantaloni metallizzati a bande rosse gli si erano tesi al limite dell’elasticità atomica ammessa. L’ennesima fitta, uno strappo lungo la cucitura fra le chiappe e un’ultima abnegazione psicologica. Fu così che l’ex pilota sovrappeso e coi capelli tinti si ritrovò svenuto dal dolore, culo all’aria.
Non aveva trovato l’orpello di plastica rossa dell’elmo, il cimiero fiammeggiante. Non era riuscito a dire a Lira che ora sarebbe toccato a lei salvare il mondo dalle cimici, alieni camuffati da insetti, e pilotarvi contro il Remo-Tob. Non era riuscito a dirle che era sua figlia e che lui a Monsampietro Mollico c’era andato per salvarla dalla Dam e dall’arruolamento. Inoltre l’aveva condannata a un futuro da latitante, permettendole di scappare quando alla sera gli agenti Secret erano venuti a prelevare lei e Aiello. E così aveva condannato la Terra, spacciata, senza due dei suoi sette robottoni, estremi difensori del Varco.
Svenne. Polvere, il pavimento, freddo.
Oscurità e un maleodorante puzzo di coriandolo: il suo passato di Predestinato, il predestinato futuro di sua figlia.
Alan Scuro si risvegliò il mattino seguente, aveva gli occhi appiccicosi di polvere e delle sprue incastonate nella guancia sinistra. Sotto al braccio, caduto a piombo nello svenire, c’era la cimice, spiaccicata. Non appena Alan Scuro lo rialzò per tornare carponi, notò che la puzza di coriandolo si era trasferita dalla morte dell’insetto alla sua camicia bianca.
– Ti è andata bene, cimice. Se non fossi svenuto ti avrei avvolta in un fazzoletto, buttata nel cesso e ti avrei pisciato sopra.
Fece per rialzarsi e ci riuscì, ma nonostante con lo strappo i pantaloni da pilota si erano allargati e la pancia liberata, il dolore non era cessato.
In bagno, dove arrivò pattinando coi calzini bianchi per evitare di calpestare il cimiero mancante al robottino, che sbilenco lo osservava con biasimo dal tavolo, Alan Scuro constatò che le sue palle, una più dell’altra, erano enormi. D’un tratto, il suo primo problema estetico, la ricrescita bianca sotto la tinta scura, passò in secondo piano.
Al primo, una paura dovuta a quell’ennesima mutazione fisica lo pervase sospinta dall’ignoranza. E mentre guidava malamente un’auto verde acido verso il medico del paesino, cercò su Google i sintomi. Orchite, le sue palle sarebbero cresciute fino a divenire come palloni per la riabilitazione, e un giorno Alan Scuro avrebbe potuto usarle per sedersi.
– No, non è orchite, signor Alan Scuro, tuttavia le prescrivo degli esami.
Con fitte che seduto al volante divenivano sempre più ravvicinate, Alan Scuro si recò al CUP (Centro Unico di Prenotazione). Davanti all’auto, uno sciame di ciclisti lo rallentava. E Alan Scuro odiava gli sciami: – Vi volete togliere di mezzo?! Coglioni!
– Vedo, vedo, – disse l’impiegato del CUP, – signor Scuro. Bene, l’algoritmo mi dà una visita libera fra quattro mesi a Fermo, 30 km da casa sua, oppure oggi stesso ma a Rimini, 190 km. Il tizio che la attendeva da sei mesi è morto stamane, per sua fortuna.
– Non riesco a guidare. Non avreste un’ambulanza a disposizione?
– Sono tutte impegnate al Giro D’Italia, qualcuno, superando a folle velocità la corsa, ha urtato il primo della fila, provocando una caduta a catena.
– Mi sembrava. Va be’, ci penseranno i Secret…
– Cosa?
– Niente, niente.
– Guardi, per quanto riguarda l’appuntamento le è andata bene, la vede quella signora? Ha cent’anni e la prossima visita l’algoritmo gliel’ha prenotata fra cinque anni a Fabriano, 110 km. È spacciata.
In preda a dolori sempre più forti Alan Scuro arrivò a Rimini, piangendo, urlando Lira e immaginandosi decrepito, coi capelli bianchi e seduto sulle proprie palle. Dall’essere un eroe, all’essere dimenticato nella vergogna da tutto e tutti.
– No, non è orchite, signor Scuro. Mi dia il braccio. Le misuro la pressione, ma se fosse possibile le chiederei di non bestemmiare ulteriormente. In sala d’aspetto ci sono dei bambini.
Il viaggio di ritorno Alan Scuro lo fece una settimana dopo e in ambulanza. Durante il prelievo era svenuto tre volte.
– Signor Scuro Alan, – gli aveva detto il medico delle diagnosi, chiamato simpaticamente dalle infermiere Dottor Falce, – che si tratti di elefantiasi è certo. Abbiamo riscontrato la presenza di parassiti della filaria nei suoi vasi linfatici inferiori. Il rigonfiamento dei testicoli, dell’inguine e il piede a pagnotta sono sintomi, insieme alla pelle lucida, patognomonici della malattia, quindi insieme non lasciano dubbi. Ha per caso viaggiato in luoghi lontani, dove può essere entrato in contatto con degli insetti?
– Non mi risulta.
– Immaginavo, anche perché questi parassiti non sono né il Wuchereria bancrofti né il Brugia malayie né tanto meno il Brugia timori, il più raro. Non sembrano nemmeno terrestri. C’erano per caso degli insetti, laddove combatteva col suo robottone?
– No, c’erano solo i Nemici Dell’umanità, nessun insetto.
Alan Scuro non poteva permettere che il mondo scoprisse la verità su chi erano i Nemici Dell’Umanità.
– Ma in qualche modo, attraverso una puntura d’insetto o il suo ingerimento, dei parassiti si sono fatti strada nel suo corpo e, visto che non rispondono alle cure, presto l’avranno completamente invasa.
In quell’istante, Alan Scuro ricordò quando, per vedere se era ancora commestibile, aveva assaggiato la carbocrema dov’era finita una cimice. Dunque pensò: – Devo contattare il Dottor Bias, chissà se è ancora vivo quel folle di un ex pilota. Ah, che male!
Dopodiché, quando Alan Scuro chiese al Dottor Falce se avesse in mente una cura, il medico aveva risposto: – Veramente, io vorrei aiutarla, ma nel pomeriggio ho un impegno improrogabile e domani vado a Ginevra a tenere un convegno su come rapportarsi coi malati terminali. Quindi addio, non credo che ci rivedremo – e uscì dalla stanza urlando – Morirete tutti!
Elefantiasi. Non solo le sue palle, anche le gambe di Alan Scuro si sarebbero sformate, tramutandosi in colonne d’argilla, cosicché Alan Scuro non avrebbe più potuto fare nulla per proteggere Lira dalla Dam; e dal destino a cui lui stesso l’aveva costretta mettendola al mondo.
Rientrato in casa con le stampelle, sentì un crack sotto una di queste non appena varcò la porta.
Raccolse a fatica le fiamme spezzettate di plastica rossa trasparente e con la supercolla le attaccò sull’elmo del modellino alla bene e meglio.
Raccolse anche lo sparabolle da sotto la credenza ed entrò nella stanza dove teneva centinaia di modellini dei robot anni ottanta che aveva costruito prima di partire per lo spazio, prima dei diciassette anni, dunque. Glieli aveva regalati tutti suo padre, ma quello a cui teneva di più lo teneva in mano, stringendolo un po’ troppo per via del dolore lancinante che sentiva propagarsi lungo le gambe gonfie.
Ripose il modellino rattoppato del Remo-Tob sulla mensola più bella, ma siccome non stava in piedi, lo appoggiò allo sparabolle dimenticato da Lira nell’andarsene dalla sua vita.
Si tirò su i pantaloni per constatare le condizioni della caviglia messa peggio. La pelle, oltre che gonfia, la gamba si stava annerendo.
Il modellismo insegna che quello che più amiamo sta in piedi per miracolo, gli aveva detto da piccolo papà Scuro in una fredda notte d’ottobre. Ma fu solo in quel momento che Alan Scuro comprese il senso di quelle parole. Era Lira il suo miracolo.
Stette un poco, poi andò a riposare, era stanco, dolorante e gonfio, come una zampogna spaziale.
(Continua…)
L’Episodio XXXI di Alan Scuro – Fumetteria Pascal – verrà pubblicato, sempre qui, il giorno 18-08-2023, alle ore 00:00.
Grazie per il vostro tempo. L’autore, Francesco Maurizi
(La storia, i luoghi e i personaggi di questo e di tutti gli altri racconti presenti in questo sito, sono frutto della fantasia dell’autore degli stessi, Francesco Maurizi, e come tali, sono protetti dal diritto d’autore.)